Abitare e migrare non si contrappongono, come vorrebbe il senso comune. In ogni migrante si deve invece riconoscere la figura dello «straniero residente», il vero protagonista del libro. Nella nuova età dei muri, in un mondo costellato da campi di internamento per stranieri, Di Cesare sostiene una politica dell’ospitalità, fondata sulla separazione dal luogo in cui si risiede, e propone un nuovo senso del coabitare.